L'ORGANO DI DONATO DEL PIANO
Nella Chiesa benedettina di San Nicolò l'Arena di Catania
Appunti su di un possibile disastro
Qui un video dell'ultimo "concerto" dell'Organo
PREMESSA STORICO-CRITICA
Costruito a partire dal 1755 dal Padre
benedettino Donato Del Piano; 72 registri per 2378 canne, di cui 304 in legno di
castagno e le rimanenti in lega con alta percentuale di stagno. Inoltre dispone
di uccelliera e banda turca. Su quest'organo studiarono e suonarono: Giuseppe
Geremia (1732-1814), insigne compositore; Vincenzo Tobia Bellini (1744-1829),
compositore e organista, nonno del più famoso Vincenzo Bellini (1801-1835),
operista, che pure lo frequentò; Pietro Platania (1828-1907), operista, didatta
e direttore del Real Conservatorio di San Pietro (Napoli) dal 1887 al 1902.
Goethe, Viaggio in Italia, Catania, giovedì
3 maggio 1787: "L'abate ci condusse al Convento dei Benedettini, nella cella
d'un monaco, la cui fisionomia, triste per l'età non avanzata e tutta chiusa in
sé, non prometteva troppo gioconda conversazione. Ebbene, era costui l'uomo di
multiforme ingegno, l'unico che sapesse domare l'organo immenso di quel duomo.
Come ebbe indovinato, più che inteso, il nostro desiderio, lo volle soddisfare,
in silenzio: ci siamo recati nella chiesa, che, pur essendo molto vasta, egli,
trattando il mirabile strumento, seppe riempir tutta quanta fino agli angoli più
remoti, facendovi ora spirare i singhiozzi più lievi, ora echeggiare i tuoni più
possenti. Chi non avesse già visto prima quell'ometto, avrebbe dovuto credere
che solo un gigante fosse capace di tanto impeto; ma noi che già lo conoscevamo
di persona, non potemmo meravigliare che d'una cosa: che non abbia dovuto
soccombere già da tempo, in una simile lotta".
Gandini, Viaggi in Italia (1833), VIII:
"Ascoltate l'organo; esso è il più grande che l'uomo abbia fatto; le canne di
cui è composto sono in numero sterminato; ha grandissimo numero di registri, che
imitano lutti gli strumenti anche da corda con una verità sorprendente;
ciascheduno ha l'eco che lo ripete in lontananza: non evvi cosa più maestosa e
più solenne dei ripieni e dei concerti; molte canne sono accumulate sopra ogni
tuono onde accrescerne la forza e l'armonia; i più grandi bassi sono di legno;
il tamburo è così forte che batte l'orecchio in qualunque sito del vastissimo
tempio. Vi sono alcuni registri di una dolcezza che incanta; l'uomo di
sentimento si abbandona a molli rimembranze. Quella macchina capo d'opera
dell'armonia fu costruita da un prete calabrese, Donato del Piano, morto al fine
dello scorso secolo. Fece molte altre belle opere. Volle esser sepolto sotto lo
stesso organo; ivi giacciono le ceneri sotto una semplice pietra".
Federico De Roberto, Documenti umani (1888),
Donato del Piano: "Silenzio! silenzio!... che meraviglia!... ascoltate!
Basse, umili, incerte, delle voci si levano confusamente, in un limbo di attesa
angosciosa. In mezzo al coro, una finisce per emergere, lunga, triste, narrante
i dolori di tutti. Oppressi, circondati dalle tenebre impenetrabili sono gli
spiriti, e da tanto dura l'esilio, ch'essi hanno perduto ogni speranza. Gli
spiriti assentono, con gemiti sordi. - O voi che il sole illumina, o voi che
veste l'etere, non ne avrete pietà? - Silenzio. Più debolmente: - O voi che
veste l'etere, non ne avrete pietà? - Silenzio. La voce muore. Allora il turbine
degli spiriti ripiglia la sua corsa, avvolgendosi a spire, scindendosi in
cerchi, cadendo incessantemente per un abisso senza fondo, dove le tenebre sono
sempre più fitte, dove il freddo è sempre più acuto. Lo strazio è infinito;
l'anima si schianta.... Un tuono formidabile che scuote la terra dalle
fondamenta. La caduta si arresta. Dall'alto, brilla un punto luminoso che
s'ingrandisce, s'ingrandisce, s'ingrandisce, saettando raggi più vivi, allagando
tutto di luce gioconda. Un canto serafico di laudi e di trionfo. Su, su, di
sfera in sfera, agili, leggieri, balzano gli spiriti eletti; su, su, per l'etere
chiaro, nel fluido zaffiro, tra le danze degli astri immortali....
Quando si schiude il registro della voce umana, qualcuno parla, qualcuno
chiama."
NB.: De Roberto fu per anni bibliotecario presso
l'ex Biblioteca Benedettina (poi Civica, ora Biblioteche Riunite Civica ed
Ursino-Recupero), quindi poteva frequentare quotidianamente la Chiesa di San
Nicolò annessa all'ex-convento, ed udirne l'organo ogni volta che era possibile.
LETTERA INVIATA AL QUOTIDIANO "LA SICILIA" - PUBBLICATA (21/05/2013)
Egregio Sig.
Direttore,
benché mi fossi imposto di non importunarla riguardo alla vexata quæstio
dell'Organo di Donato Del Piano, in séguito alla lettura dell'articolo
riassuntivo della serata di Sabato scorso, a firma di Pinella Leocata, sento
tuttavia, se Ella vorrà consentirmelo, di dover intervenire. Ero presente in San
Nicolò Sabato come otto anni fa, al primo concerto, ed in entrambi i casi per
giustificare le impresentabili condizioni dello strumento (oggi addirittura
esautorato da una ridicola tastiera elettrica, essendo incapace di sostenere il
coro!) si sono tirate fuori strampalate argomentazioni sull'organo d'élite, su
improbabili traduzioni da Goethe ed altre amenità, pur di non ammettere
l'evidenza: l'organo oggi non suona, mentre Goethe parla si di chiesa "molto
vasta", ma anche di organo che, con "tuoni possenti", vibrava "fin negli angoli
più remoti". L'acustica del tempio è tra l'altro migliore adesso che nel 1765,
quando le chiese erano stracariche di drappi, arazzi e per giunta due tendone
avvolgevano lo strumento, tant'è che il coro si è sentito perfettamente, secondo
gli standard settecenteschi (ho anche riconosciuto le voci di alcuni maestri, ed
ero seduto alla fine... Davanti al Sindaco in piedi!); chi sostiene il contrario
non ha forse idea dell'acustica media degli spazi antichi e delle tecniche usate
ai tempi nel canto ecclesiastico. Per inciso Geremia, Coppola e Vincenzo Tobia
Bellini (nonno di Vincenzo) eseguirono in questa chiesa i loro oratorii, e
nessuno si scandalizzava dell'acustica, anzi, De Roberto sta a lodare il
solitamente flebile registro della "voce umana" che, immagino perché ridotto
all'insensibilità, non abbiamo oggi potuto risentire. La grancassa dell'organo
d'altro canto, citata dal Gandini nel 1833 ed ottimo metro del volume originario
("è così forte che batte l'orecchio in qualunque sito del vastissimo tempio",
scriveva), si sentiva benissimo, e copriva sistematicamente il suono dello
strumento, che sensibilmente scemava durante le esecuzioni (in un organo famoso
per gli echi!). Non posso azzardare una diagnosi, ma è palese che ci siano dei
problemi di natura tecnica, incertezze sulla pressione forse determinate dalle
condizioni non ottime del somiere anche dopo i restauri, benché possa anche
essere che i moderni organisti non abbiano idea di quali registri fossero
abitualmente attivati per esperienza in questo strumento. In ogni caso la
Sicilia e l'Italia sono piene di organi costruiti da Del Piano, addirittura su
youtube se ne trovano esempi: tutti molto più piccoli di questo, ai tempi il
maggiore del mondo, e tutti molto più potenti; a Catania poi abbiamo almeno due
organi (San Vito e Sant'Agata al Carcere), che io sappia, risalenti al primo
settecento, di suono estremamente più godibile. Smettiamola quindi di sostenere
che Del Piano abbia costruito, nella chiesa più grande di Sicilia, l'organo più
grande del mondo (in realtà tre organi in uno) perché suonasse come un carillon,
ed ammettiamo che l'incuria comunale di decenni e, forse, non proprio definitivi
restauri, abbiano ridotto un pachiderma alle dimensioni di una formica.
Concludo, se permette, con la sconsolata affermazione di un amico organista, non
catanese, davanti a simile sfacelo sonoro: se quest'organo fosse stato oltr'Alpe,
diceva, dove se ne sentono benissimo di molto più vecchi, tutti gli organisti
del mondo sarebbero stati a pietire di poterne registrare il suono. Impossibile,
preciso io: l'organo fantasma latita, e non suona. LUIGI
G. GENNARO.